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Sembra incredibile, ma anche questo glorioso, epico, lunghissimo anno di pestilenze, cavallette e pioggia di merda è arrivato alla fine.

Sono “tecnicamente guarita”, mi hanno detto, ma non fuori pericolo. Il mio cancro al seno si è rivelato un triplo negativo: di quei tipi curiosi che tendono a ripresentarsi entro i primi tre anni. Come tutti i veri stronzi, sono recidivi, irriducibili e inestirpabili. Questa, la notizia con cui si conclude il mio anno di apocalisse.

In questo mese di dicembre, mentre compravo regali di Natale e facevo i biscotti pandizenzero, ho dovuto prendere una decisione, io che con le decisioni non me la cavo granché.

Ho rifiutato quindi una mirabolante cura sperimentale destinata a sole 1.075 pazienti oncologiche in tutto il mondo, tra cui me, e ho firmato carte per la cura cosiddetta standard. Ho fiducia nella ricerca scientifica, ma cedo il posto a una donna più fiduciosa e meno stanca di me.

Il programma sperimentale al quale ho rinunciato si chiama “Tropion 03 Breast”: se in Italia ci fosse qualche donna che partecipa mi farebbe piacere conoscerla di persona e parlarci davanti a una tazza di tè deteinato.

La mia radioterapia è iniziata questa settimana.

Non ho ancora preso fuoco.

Poi, anno nuovo, chemioterapia nuova. Ma stavolta in compresse, comodamente a casa, niente vene crivellate e infusioni in ospedale. Capecitabina, si chiama il farmaco casalingo. Potrei di nuovo perdere i capelli, avere la mucosite alla gola, la diarrea, e tutti quei mali necessari previsti dal protocollo. Però meno intensi.

Quest’anno ho sofferto contemporaneamente anche di altri mali, molto più comuni, come l’amore, la partita iva e le persone tossiche. Ma passano. Tutto passa (anche la partita iva, volendo, passa).
Se passa il bene, passa anche il male. No?

A voi, buon anno.