[Lettura sconsigliata a tutte le creature pudiche e ritrose]
Parliamo del seno. Di com’è il seno di una donna, dopo una mastectomia. E di com’è la quotidianità di una donna con una protesi mammaria. O, perlomeno, di com’è la mia (a ogni donna la protesi sua).
Avevo un seno bello, «bellissimo»: questo, lo ha detto il senologo prima di portarmelo via.
«Quando ero ragazzina, verso i dodici, tredici anni, di seno ne avevo poco; mi vergognavo accanto alle mie compagne di scuola floride, burrose. Oggi il mio seno è, in una parola del chirurgo che me lo asporterà tra pochi giorni, “bellissimo”.»
Ce l’ho ancora adesso. Solo che quello a destra è stato svuotato dai residui del carcinoma e riempito con una protesi, impiantata il 24 ottobre 2023: REF 30745-210, volume 210 ml. Sapevate che anche le tette rifatte hanno un passaporto? No?
Non so come funzioni per chi ricorre a interventi di natura estetica (mastoplastica additiva), ma nel caso di operazioni chirurgiche dovute alla presenza di un cancro (mastoplastica ricostruttiva), va così: ti danno il passaporto della protesi. Non si sa mai, quando viaggi.
Protesi ed espansore: facciamo chiarezza come se questo fosse un blog di informazione invece di essere quello che è
Di solito, prima dell’impianto definitivo della protesi, nei sei mesi successivi all’intervento si va in giro con un espansore inserito sotto il muscolo pettorale: è una specie di palloncino che si gonfia via via per distendere i tessuti e fare spazio, poi, all’impianto della protesi. Significa: almeno due ingressi in sala operatoria nel giro di un anno, se va tutto bene.
Ma, se hai abbastanza seno, abbastanza carne, abbastanza pelle, è possibile impiantare subito la protesi, senza passare per il limbo dell’espansore. Questo è stato il mio caso (l’ho detto, che il mio seno era bellissimo. Lo ha detto il senologo milanese che me lo ha sciabolato). Visivamente, al netto di una piccola dignitosa cicatrice, il mio seno operato è integro e pressoché identico all’altro. Certo, fra qualche anno, nemmeno tanti per me, il seno sano cederà al tempo e alla forza di gravità, mentre quello operato resterà sempre sostenuto e fintamente tonico, vile impostore in silicone: un’ineluttabile asimmetria, questa, che la chirurgia vorrebbe correggere (io non lo so, vedremo).
Massaggiare il seno con olio Vea Spray e scongiurare le contratture capsulari
Esiste la possibilità di un inconveniente post-operatorio: dopo qualche settimana, o dopo qualche mese dall’intervento, quando il seno è in fase di guarigione, – e, in alcuni casi, anche dopo uno o più anni,- può verificarsi una crisi di rigetto (nel gergo medico, “contrattura capsulare”).
È quanto è successo a mia zia Antonella, dalla quale ho evidentemente preso molto e di cui ho raccontato la storia:
… il seno sinistro s’affloscia, s’asciuga, si deforma, fa le grinze, diventa buccia di mela vizza: rigetto della protesi, allarme, si torna in sala operatoria per la sostituzione.
Leggi tutto in Kintsugi Project. Storie di donne-albero. Antonella
Io non vorrei rigettare niente, ma questo lo deciderà il mio corpo. Il corpo sa tutto e decide lui.
La giornata tipo di una donna con la protesi al seno
Quando la donna operata al seno corre, o scende le scale, di tette gliene balla una sola; l’altra rimane fiera e austera nella sua algida rigidità.
Quando dorme, non le è più piacevole stare prona, perché c’è un ingombro fra lei e il letto, una pallina di gomma che impedisce di sentire l’aderenza al materasso. Se dorme di lato, deve fare attenzione a quale: se il lato è quello del seno operato, bisogna sistemarlo in modo da evitare un fastidioso schiacciamento laterale della protesi; se il lato è l’altro, quello del seno non operato, la protesi del compare accanto fluttua con lentezza languida e gli si mette vicino vicino facendogli sentire la sua spigolosa artificialità. Io ho risolto dormendo sul lato sinistro, non operato, ma con il braccio destro aperto e steso verso l’altro lato, il proprio: vista dall’alto, così disarticolata, disunita, potrei forse assomigliare a una appena caduta da un cornicione.
Al tatto, poi, si avverte una densità diversa rispetto a quella del seno non operato, una consistenza che a me ricorda quella del cartone. Un tetrapak, per la precisione.
Fare l’amore con una donna operata al seno: piccola guida per principianti
L’Ars Amatoria, con una donna operata al seno, va aggiornata.
Un seno ricostruito non sente nulla: il caldo, il freddo, un dito, una mano, una bocca, un ago, un coltello, l’attenzione, la cura, la foga. Ciò riguarda anche il mirabile e sospirato capezzolo. Non perdeteci tempo e dedicatevi piuttosto all’altro seno, se sano – altrimenti, su, non perdetevi d’animo, rimane pur sempre tutta un’ampia e complessa geografia da percorrere, sedurre e colonizzare.
Se poi la donna ha, come me, subìto anche una linfoadenectomia, cioè un’asportazione dei linfonodi ascellari (ventuno nel mio caso, a partire dal linfonodo sentinella che era in metastasi), allora tutta l’ascella e buona parte del braccio fra clavicola e omero avranno perso del tutto la sensibilità. Sono parti assenti, nervi morti, sensori disattivati, carne privata di pulsione vitale. In quelle zone del corpo, potete fare tutto il solletico e le carezze che volete, alla ricerca frenetica e ostinata dei riscontri tattili e visivi di cui avete bisogno: nel frattempo, la donna operata al seno potrà leggere un libro o guardare un film, indisturbata.
Potete comunque, se vi s’addice, lasciare un gentile bacio simbolico, commemorativo, sulla cicatrice lasciata dall’intervento: la donna operata al seno non percepirà al tatto il vostro amorevole gesto, ma almeno lo vedrà. Ne terrà conto.
Se vi manca l’ispirazione, tenete presente questi versi di una poesia di Alda Merini fra le più sputtanate del web, ché fanno sempre comodo a chi non sa che fare, che dire:
… carezze sui graffi,
Alda Merini, E poi fate l’amore
vestiti tolti insieme alle paure,
baci sulle debolezze,
sui segni di una vita
che fino a quel momento
era stata un po’ sbiadita.
Per il resto, la donna operata al seno, ribaltatela come più le piace. E non dimenticate di afferrarla per i capelli, anche se li ha corti e soprattutto se dopo le chemioterapia le sono ricresciuti folti e forti: ciò la farà sentire ripagata dei molti passati pianti per la loro perdita e il senso di vergogna.
Tutto chiaro?
[…] Ricostruiscono tutto, sì. Non si può dire che sia tutto uguale a prima, ma questo lo si nota solo in camera da letto. […]
Ciao, oggi 9 novembre cade la ricorrenza del 25* anno di mastectomia bilaterale.
Avevo 35 anni
Ho trovato il tuo articolo perche stavo cercando arte commemorativa per fare un post su FB.
Per molti anni non è ho voluto parlare, ma oggi vorrei festeggiarlo come tanti compleanni del cazzo che festeggia facebook.
Non concordo con molte frasi che dici, ma da te ho ricevuto qualche utile consiglio.
Ho 60 anni ed ho conosciuto un uomo che vorrebbe fare sesso con me, mi scrive frasi infuocate di come vorrebbe strapazzarmi i seni per darmi e darsi piacere.
Mi sento in crisi, e sto tergiversando il momento x per non far sgonfiare tutto l’erotismo e il desiderio come il soufflé quando apri il forno.
Ho avuto un’uomo che mi ha amato e dato dei figli in questi venticinque anni, perchè amandomi ha fatto finta che non fosse importante per lui che il mio seno non c’è più
Non avere più il seno è una tragedia anche dopo 25 anni. Vorrei sapere cosa ne pensi.
Ciao
Ciao Tina,
Grazie per la visita al blog.
Non saprei cosa risponderti rispetto alla tua storia personale, questo blog è sì un diario di un’esperienza di malattia oncologica, ma è soprattutto un progetto di scrittura e tante cose che leggi non sono da prendere alla lettera, c’è gioco e c’è ironia, a volte sarcasmo, altre volte (spero poche) amarezza.
Fuori dal blog: a me il seno l’hanno ricostruito contestualmente all’intervento di mastectomia, ho solo una cicatrice, quindi non so com’è vivere senza seno (almeno sul piano estetico). Penso che, se piacciamo davvero e parecchio a un uomo, avere una o due tette sia poco rilevante: spesso, l’eros ha origini insondabili.
A.