kintsugi project 2

Quando ripenso ai 16 cicli di chemioterapia che il mio corpo ha sopportato da aprile a settembre; quando ripenso alla biopsia di marzo (non sopporto il dolore), all’ago aspirato di febbraio (non sopporto il dolore), mi dico che l’intervento della prossima settimana sarà poco più che una bella dormita in faccia al chirurgo. Cosa può, su di me, il possibile dolore al risveglio?

Il trattamento EC in regime “dose-dense”, 4 cicli della famigerata “Rossa” ogni due settimane, mi ha fatto sfiorire in una primavera tutta di mucosite alla gola, tosse, flebite al braccio sinistro, una compagnia di febbriciattole e un paio di corse in ospedale. Nel frattempo, i miei capelli se ne andavano via, a macchie; era maggio, ne perdevo a ciocche su cuscini di letti e banconi di farmacie – intanto, la chemio mi mandava in menopausa.

I 12 cicli settimanali di taxolo, poi, hanno oscurato l’estate con i dolori alle ossa e i reflussi gastrici che scambiavo per infarti. Il fegato si avvelenava, le vene s’indurivano, tutto il corpo s’intossicava, ma globuli bianchi, globuli rossi e piastrine erano la Trinità da proteggere a ogni prelievo settimanale.

Il cortisone, poi, era agente lievitante di ogni mio tessuto – guance gonfie, collo taurino, braccia ingrossate; mi attribuivo (mi attribuisco ancora) mascelle da cane San Bernardo e il collo di un’anaconda gigante.

Il corpo sa tutto. Sul corpo accadono battaglie o miracoli, albe e tramonti.

No, in effetti, non è nemmeno l’ipotesi del dolore post-operatorio a darmi pensiero. È l’idea della perdita. Non è un braccio ciò che perdo, non è un rene, non è un dito. È un seno. In quali luoghi del corpo si è femmine, in quali si è maschi? Diciamocelo.

Quando ero ragazzina, verso i dodici, tredici anni, di seno ne avevo poco; mi vergognavo accanto alle mie compagne di scuola floride, burrose. Oggi il mio seno è, in una parola del chirurgo che me lo asporterà tra pochi giorni, “bellissimo”.

Tre volte, in passato, sono stata sotto le luci bianche di una sala operatoria. Tutte piccole cose, cosette, cose da nulla. Ne sono sempre uscita meglio di come ero entrata. Stavolta, io non credo.
Ma il chirurgo dice che sono bravissimi, lui e tutta la sua équipe, che la protesi se la caverà egregiamente in ogni abito scollato, in ogni costume da bagno, ogni maglietta aderente.
Infatti, dico io, il dubbio è su come se la caverà con me davanti allo specchio.

Intanto, mi inondo di luci bianche di un set fotografico. Sono qui per fissare il ricordo del corpo di donna che ero. Gioco. Mi espando dove il dolore mi riduce.
Rido.

Kintsugi Project. Scatto d’autrice #2

kintsugi project - scatto d'autrice 2

Shooting Credits:


Kintsugi Project e Ottobre mese rosa

Ottobre è il mese della Campagna nazionale Nastro Rosa di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro per sostenere la ricerca sul tumore al seno.

Ottobre, per me, è anche il mese del mio intervento di mastectomia.

È anche il mese in cui nasce il Kintsugi Project, che inaugura la seconda parte di PinkInk Series. La prima parte di PinkInk Series, invece, è dedicata ai mesi della chemioterapia.

Kintsugi Project: come farne parte

In queste settimane sto raccogliendo le testimonianze di altre donne che hanno o hanno avuto un cancro al seno. Queste testimonianze faranno parte del Kintsugi Project in ogni luogo in cui il progetto troverà accoglienza.

Grazie a chi ha già risposto al mio invito e grazie alle altre che si faranno avanti.