kintsugi project 1

«Si metta contro il muro. Ecco, brava, così. Ho bisogno di scattarle alcune foto. Non si preoccupi, servono a noi per l’intervento».

Ieri, in una stanzetta dell’Ospedale San Raffale di Milano, al settore R (Pre-ricoveri), una dottoressa giovane e addestrata al sorriso gentile, dopo avermi vigorosamente palpato il seno, me lo ha fotografato da ogni angolazione.

Io lì, nuda dalla vita in su, carne pallida su intonaco verde, intirizzita, con un sottile stuoino di capelli ora più scuri e più fitti di prima – quasi un taglio rasato intenzionale, un buzz cut malamente copiato da riviste di moda, – io lì, dicevo, con l’animo ormai assuefatto a procedure mediche e scenari ospedalieri, mentre la dottoressa scattava foto con il suo cellulare, io lì ripensavo a quando mi sono fatta fotografare, un paio di settimane fa, per questo progetto che mi sono inventata per me e per chi vorrà farne parte: il Kintsugi Project.

Nonostante il vino rosso bevuto prima di iniziare, ero un po’ a disagio. Avevo sottovalutato quanto possa essere imbarazzante farsi fotografare mezzi nudi, illuminati dalle luci di un set fotografico, se non si ha l’abitudine di farlo – mentre è più semplice farsi fotografare le tette da una dottoressa in una stanza di ospedale se ti dice che le foto servono per l’intervento: quello è uno shooting amatoriale da subire e basta. Questo no. Questo è il gioco sottile e vezzoso con cui rispondo alla malattia che abbrutisce e toglie.

Bisogna inventarsi giochi ogni giorno, fare ciò che ci piace, creare con quello che abbiamo, mettersi in cuore una cosa bella per ogni cosa brutta che ci accade, come a bilanciare con il sale un brodo sciapo, con lo zucchero il caffè puro se ci è troppo amaro. Ma è più di questo, molto di più: è espandere dove il dolore ci riduce.

Nella prima delle mie due giornate milanesi, quindi prima di andare a farmi pre-ricoverare, e con il fermo intento di opporre una cosa bella a una cosa brutta, sono andata al Mudec a vedere la mostra di Van Gogh. È bella perché è insolita: non è la mostra del pittore matto, è la mostra del pittore colto. Che Vincent avesse qualche pensiero disfunzionale, d’altra parte, è difficile contestarlo, ma il mito della sua pazzia serve a noi persone comuni per sopportare l’esistenza del genio [lo dice meglio Caparezza nella sua canzone Mica Van Gogh], oppure quando abbiamo voglia di fare gli artisti maledetti, incapaci di vedere invece l’inetto perdigiorno che alloggia dentro di noi fin dall’infanzia. Comunque: chi può, vada alla mostra del Mudec su Van Gogh. Lui era uno che, prima di spennellare due girasoli, leggeva un sacco di libri e sapeva molte cose.

Dicevo: espandere dove il dolore ci riduce.

Tra una settimana, avrò un seno in meno. Cioè, ne avrò ancora due, saranno due subito, ma uno dei due non sarà più il mio. Sarà una protesi, oppure un provvisorio espansore in silicone da sostituire con la protesi non prima di 6 mesi. Del capezzolo, non si sa. Del resto, c’è scritto dove ho firmato:

“L’intervento previsto è una mastectomia nipple-sparing, biopsia del linfonodo sentinella / ev. linfadenectomia e ricostruzione immediata […] Eventuale asportazione del complesso areola-capezzolo in base ai reperti intraoperatori”.

Nei giorni che mancano all’intervento lavorerò poco, leggerò e scriverò molto, farò scrapbooking, biscotti e passeggiate, opporrò cose belle a cose brutte, per fare scorta di calma e di grazia.

Da oggi, mercoledì 18 ottobre 2023, e fino a questa domenica, per il Kintsugi Project pubblicherò un post al giorno: cinque sono infatti le foto prescelte per raccontare qui la pacifica attesa di una perdita dolorosa ma accettabile. Inaccettabile sarebbe una vita senza stupori, senza bellezze, senza ironia, senza cose da dire né da fare.

Kintsugi Project. Scatto d’autrice #1

Shooting Credits:


Kintsugi Project e Ottobre mese rosa

Ottobre è il mese della Campagna nazionale Nastro Rosa di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro per sostenere la ricerca sul tumore al seno.

Ottobre, per me, è anche il mese del mio intervento di mastectomia.

È anche il mese in cui nasce il Kintsugi Project, che inaugura la seconda parte di PinkInk Series. La prima parte di PinkInk Series, invece, è dedicata ai mesi della chemioterapia.

Kintsugi Project: come farne parte

In queste settimane sto raccogliendo le testimonianze di altre donne che hanno o hanno avuto un cancro al seno. Queste testimonianze faranno parte del Kintsugi Project in ogni luogo in cui il progetto troverà accoglienza.

Grazie a chi ha già risposto al mio invito e grazie alle altre che si faranno avanti.