Giorno 9 dal primo ciclo di chemioterapia
Trattamento EC (Epirubicina – Ciclofosfamide) in regime “dose-dense”, con iniezione preventiva di Pelgraz contro la neutropenia.
Mie notazioni sul “Diario del Cambiamento“, che per me è diventato “Diario del mio Cancro”:
“… Dolori acuti alle ossa, con precisa sensazione di terrificante sbriciolamento dell’osso sacro; stipsi epocale; vampate di calore e impressione di febbre sotto pelle; insonnia fra le 3 e le 5 del mattino; una sorta di fame chimica che mi sevizia quasi tutto il giorno, accompagnata da voglie folli di torte burrose, creme e dolci cioccolatosi; debolezza e stanchezza costanti. Mi fa male il braccio sinistro dove ho l’impianto del PICC. I capelli, però, ci sono ancora tutti. I turbanti sono pronti lo stesso”.
Ho tanti libri da leggere, carte da scrivere, una tavola da dipingere con gli acquerelli, musica da ascoltare, film da guardare, – senza considerare, poi, quel minimo di lavoro da sbrigare per non dire di aver smesso di lavorare.
Ho pure alcune maschere giapponesi per il viso, il rossetto rosso Chanel che mi ha regalato un’amica, il tè verde cinese bio Dazhang Shan, la tisana alla malva, la pasta di grani antichi, e mia madre che mi fa la composta di fragole del contadino.
Ma niente: io ho voglia di stare in mezzo alle piante.
Stamattina, dopo una decina di minuti passati a scendere le scale con la lentezza e la cautela di una novantenne con l’osteoporosi, ho camminato fra il giardino e l’orto, a casa dei miei genitori. Per oggi, la mia gita fuori porta del 25 aprile è questa.
Quattro passi lungo la siepe di rincospermo, conosciuto anche come “falso gelsomino” (ma falso non è mai il profumo), a fotografare iris e margherite, le calle, l’albero di limoni belli e buoni, l’albero di nespole che di nespole non vuole sapere, l’albero di fichi che non appartiene a nessuno perché sta oltre la siepe (e quindi appartiene a tutti), e che da fine agosto ricomincerà a fruttare oro per noi, golosi di fichi verdi. Poi l’alloro, la menta, la maggiorana, e i cespi di bietola che mio padre ha piantato in abbondanza come per venti famiglie. La bietola, cotta, mi aiuta a depurare l’intestino dalla chemioterapia citotossica. Serve a poco, però, se dopo ti mangi le pastarelle della domenica – soprattutto se la nutrizionista oncologica ti ha detto che zuccheri e lieviti no.
Avrei voluto più terra da camminarmi e odore di letame da fiutare, ulivi, mandorli, ciliegi, albicocchi, galline e qualche altra bestia libera, ma per una passeggiata in campagna, a casa di qualcuno che ne ha, bisogna aspettare ancora qualche giorno. Per oggi, il giardinetto e l’orticello di mamma e papà sono la mia liberazione.