24. ascoltare gli alberi

Giorno 151

Seconda serie di chemioterapia, undicesimo ciclo di taxolo: il penultimo.

«Dai, ci sei quasi, ormai è fatta, hai finito!». Così mi dite tutti (ma non tutte).
Sì: il prossimo mercoledì, se anche questa settimana il mio corpo-ginestra continua a tribolare muto, composto e incoercibile come fa da aprile, sarà l’ultimo giorno di chemio.
Dopo, sarà un equinozio d’autunno a cavallo fra una risonanza magnetica e una visita con il chirurgo. Ci prepariamo al freddo, anche quello della sala operatoria.

Sarà, questo sì, un ottobre di riposo dal taxolo, dagli antiemetici, dal cortisone, forse dai dolori e dal fiatone, sicuramente da questi mesi di Mercoledì delle Ceneri tutti uguali: rituali d’ogni sorta, attese sfibranti del mio turno seduta sulle poltroncine davanti ai dipinti del reparto di Oncologia, la visita di routine con la mia oncologa (domanda, ascolta, palpeggia, misura, registra, stampa), gesti meccanici e protocolli inaggirabili, infermiere gentili e fiaccate da troppo lavoro che strascicano gli zoccoli sul pavimento, flebo appese come disegni nel gioco dell’impiccato [𝑖𝑛𝑑𝑜𝑣𝑖𝑛𝑎 𝑖𝑙 𝑛𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑓𝑎𝑟𝑚𝑎𝑐𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑜𝑔𝑛𝑖 𝑝𝑎𝑧𝑖𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑡𝑒𝑟𝑎𝑝𝑖𝑎], clic-clac di pompe infusionali che s’inceppano, odore di disinfettante.

Sarà anche – me lo prometto – un ottobre di passeggiate facili nei boschi fra Abruzzo e Marche, a fotografare il foliage, di zucche e di minestre, castagne, mele buone e tazze di tisane bollenti. Sfornerò biscotti e crostate; ho ripreso già a farlo, di recente, accettando la realtà di una fatica innaturale, che mi impone di fermarmi spesso a riprendere fiato e a controllare che fine hanno fatto i muscoli delle braccia – ci vuole energia, anche per impastare frolle.
Non sarò più la stessa di un ottobre fa, ma questo, in fondo, vale per chiunque.

Trenta, quaranta giorni dopo l’ultimo taxolo di mercoledì prossimo – ché il mio corpo-ginestra è ginestra tenace, sì, ma è pure corpo arso da lava citotossica e ha bisogno di tempo per rifiorire, – Milano, Breast Unit del San Raffaele. Il mio seno destro, per intero, sarà rifiuto chirurgico da smaltire (il sinistro, poi vediamo), però prima l’esame istologico, il solo che può dire di più sul mio carcinoma infiltrante G3: chi era davvero costui? Perché in questi mesi di assedio, pur umiliato nella sua granitica consistenza, è rimasto l’irriducibile che si era presentato? Vedremo.

Poi. Donna, ricostruiremo dove abbiamo spianato? Dottori, non so.
Tutta questa corsa all’edificazione mi ha sempre messo a disagio; a me piacciono campagne e pianure. Ma è vero che i seni sono nati due, che io ho 42 anni e che mi piacciono i corpetti scollati per andare a ballare tango (se e quando tornerò a ballare tango con il piacere di una volta). Potrei dunque accettare l’idea di prestarmi a questa estetica dell’orrore e andarmene in giro con due o tre etti di corpo contraffatto all’altezza del petto, circa l’1% del mio peso corporeo. Si vedrà.
Dopo, ancora terapie: quali? Non sappiamo, vediamo, forse radio, dipende. Un po’ di riabilitazione? Forse, anche. Dipende. Vedremo.

Ecco. Allora, solo allora, dopo che verrà visto tutto ciò che ora è da vedere, avrò “finito”.
Dunque, facciamoci gli auguri a Natale e riparliamone nel 2024.

Amuleti di oggi, quattro

1. Un gioiello

Il bracciale d’argento che mia zia Antonella e mio zio Angelo mi hanno regalato per il compleanno: preziosa catena artigianale di gufetti della Collezione Animalier, progettata dall’architetto e designer toscano Giovanni Raspini. La zia, è quella matta che mi porta in pasticceria a mangiare la torta che non posso mangiare, e che mi ha dato in eredità molto del suo: l’irrequietezza, i pensieri storti, il gusto per gli oggetti belli, l’indole balzana, e il cancro al seno.

2. Un libro

Henry David Thoreau, Ascoltare gli alberi, traduzione di Alba Bariffi, Garzanti 2018.

Dalle pagine 9, 10, 11:

“𝑀𝑖 𝑠𝑎𝑙𝑡𝑎 𝑖𝑙 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑔𝑜𝑙𝑎 𝑎𝑙 𝑠𝑢𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑣𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑏𝑜𝑠𝑐𝑜. 𝐼𝑜, 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑖𝑒𝑟𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑣𝑖𝑡𝑎 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑒𝑟𝑠𝑖𝑣𝑎 𝑒 𝑠𝑢𝑝𝑒𝑟𝑓𝑖𝑐𝑖𝑎𝑙𝑒, 𝑟𝑖𝑡𝑟𝑜𝑣𝑜 𝑎𝑙𝑙’𝑖𝑚𝑝𝑟𝑜𝑣𝑣𝑖𝑠𝑜 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑠𝑝𝑖𝑟𝑖𝑡𝑜, 𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑠𝑝𝑖𝑟𝑖𝑡𝑢𝑎𝑙𝑖𝑡𝑎̀, 𝑎𝑡𝑡𝑟𝑎𝑣𝑒𝑟𝑠𝑜 𝑙’𝑢𝑑𝑖𝑡𝑜. […] 𝐼𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑚𝑒𝑟𝑖𝑡𝑜 𝑛𝑢𝑙𝑙𝑎. 𝑁𝑜𝑛 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑛𝑖𝑚𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑒𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑚𝑖 𝑒̀ 𝑑𝑎𝑡𝑜 𝑚𝑜𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑑𝑖 𝑔𝑖𝑢𝑏𝑖𝑙𝑜. 𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑚𝑝𝑢𝑟𝑜 𝑒 𝑖𝑛𝑑𝑒𝑔𝑛𝑜, 𝑒𝑝𝑝𝑢𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑖𝑛𝑑𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑑𝑖𝑙𝑒𝑡𝑡𝑜, 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖 𝑓𝑒𝑠𝑡𝑜𝑠𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑝𝑟𝑒𝑝𝑎𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑒, 𝑒 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑐𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑜 𝑒̀ 𝑐𝑜𝑠𝑝𝑎𝑟𝑠𝑜 𝑑𝑖 𝑓𝑖𝑜𝑟𝑖”.

3. A proposito di alberi: un certificato

Chiara, amica ed ex collega dei tempi romani, lo ha fatto: mi ha aiutato a piantare il faggio che volevo. Grazie al suo regalo, il faggio cresce ora a Spineto, nella Sila Piccola, in Calabria, e contribuisce al progetto di Regala Un Albero per la salvaguardia ambientale e la valorizzazione del paesaggio naturale italiano.

Il suo codice è SP23A449 e la sua piantumazione è stata richiesta e finanziata il 2 settembre 2023, il giorno del mio compleanno. Grazie, Chiara.
Il codice è univoco per ogni albero e serve a chi lo fatto piantare e a chi se ne prenderà cura, per sapere se negli anni cresce forte e sano. Per questo motivo, lo lascio scritto pure qui: non si sa mai.

4. Una poesia di Anne Sexton

Ricevuta proprio stamattina dall’Ufficio Poesie Smarrite.

L’Ufficio Poesie Smarrite è una newsletter a cura di Luca Mastrantonio per 7-Sette, il supplemento settimanale del Corriere della Sera. Arriva agli iscritti ogni mercoledì e si divide in tre sezioni: Porti sepolti, Amuleto, Fermo Posta.
Ci si può iscrivere cercando Ufficio Poesie Smarrite nella pagina di tutte le newsletter del Corriere.
Io sono iscritta dal 24 aprile 2021 e non me ne sono ancora pentita.

La poesia di Anne Sexton è l’amuleto della newsletter di oggi dell’Ufficio Poesie Smarrite, e uno degli amuleti del post numero 24 di questa prima serie di PinkInk. Il mercoledì, per me, è giorno di chemio e poesie.
S’intitola “Una come lei” e inizia così:

“𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑢𝑠𝑐𝑖𝑡𝑎, 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑡𝑟𝑒𝑔𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑒𝑑𝑢𝑡𝑎
𝑎 𝑐𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎 𝑛𝑒𝑙𝑙’𝑎𝑟𝑖𝑎 𝑛𝑒𝑟𝑎, 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑖𝑛𝑡𝑟𝑒𝑝𝑖𝑑𝑎 𝑑𝑖 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒,
𝑠𝑜𝑔𝑛𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑖𝑙 𝑚𝑎𝑙𝑒, ℎ𝑜 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑑𝑜𝑣𝑒𝑟𝑒
𝑎𝑙 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑝𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑐𝑎𝑠𝑒 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑟𝑖𝑒, 𝑙𝑢𝑐𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑢𝑐𝑒:
𝑐𝑟𝑒𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑎𝑟𝑖𝑎, 𝑐𝑜𝑛 𝑑𝑜𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑑𝑖𝑡𝑎, 𝑓𝑢𝑜𝑟𝑖 𝑑𝑖 𝑡𝑒𝑠𝑡𝑎.
𝑈𝑛𝑎 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑛𝑜𝑛 𝑒̀ 𝑢𝑛𝑎 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎, 𝑛𝑜𝑛 𝑑𝑒𝑙 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜.
𝐼𝑜 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑙𝑒𝑖.”

Ignoro il nome dell’autore/autrice della traduzione scelta da Luca Mastrantonio nella sua newsletter.


Barcollo. Ho sonno, ma il cortisone mi tiene gli occhi spalancati in un costante fotogramma da Arancia meccanica. Le mie vene, da quando ricevono ogni settimana il taxolo senza l’ausilio del PICC, rimosso per rischio di trombosi, sono dure e grezze come corde di juta, corrose come la pelle sotto gli strappi di cerotti, e incattivite come il mio spirito seccato, bramoso di alberi e di bosco subito.

Dello stato mentale, qui oggi si tace. Dello stato del cuore, è bene tacere ovunque e per un bel po’.
Ma “giorni festosi sono preparati per me, e il mio cammino è cosparso di fiori“. Da raccogliere, forse, l’anno prossimo [Dipende. Vedremo].

“Di Salvatore Annalisa, nata 02/09/1981, Kg 57, H 1.65, Mq 1.62.
In data 13/09/2023 esegue 11° taxolo settimanale:
Sol. fisiologica 100 ml + Pantorc 1 fl in 20′ – Sol. fisiologica 100 ml + DECADRON 8 mg in 15′ – Sol. fisiologica 100 ml + TRIMETON 10 mg (1 fiala) in 15′ – Sol. fisiologica 100 cc + Ondansetron 1 fiala in 20′ – TAXOLO 120 mg (80 mg/mq approssimato) in 250 ml sol. fisiologica (durata infusione: 1 ora) da utilizzare con l’apposito set di infusione (non impiegare materiali in PVC: agocannule, connettori). Un infermiere deve essere sempre presente e il medico nelle immediate vicinanze”.

Scheda clinica