bologna

Ieri, di ritorno da Milano, dove mi hanno medicato la «ferita bellissima» della mastectomia di una settimana fa e dove ho scoperto con mia costernazione di dover tenere il drenaggio ancora fino alla settimana prossima, ho fatto una tappa di consolazione a Bologna, perché a una cosa brutta va opposta una cosa bella.

Di cose belle, a Bologna, ne ho fatte e viste più di una.

Ho cenato da Bertino con il carrello del bollito, i contorni di friggione, purè, fagioli in umido e la mostarda di frutta (sia benedetta la mostarda di frutta, sempre). Poi sono passata al carrello dei dolci fatti in casa: zuppa inglese e semifreddo al mascarpone. Un Martini cocktail da Huh prima di andare a dormire al Blumen Hotel, che mostra tutti gli anni che ha.

Ho visitato la mostra sui collage di Wisława Szymborska al museo di Palazzo Poggi, che poi era la ragione primaria della tappa a Bologna. Guardando i collage, ho amato la Szymborska ancora di più. Ho deciso che per Natale farò anch’io i biglietti di auguri per parenti e amici con i collage. Se non posso scrivere come la Szymborska, voglio almeno avere l’hobby del collage come la Szymborska.

Ho visitato le mostre nelle altre sale del museo, tra cui quella sulle collezioni meravigliose di Ulisse Aldrovandi, io che non ho mai avuto alcun interesse per le scienze naturali.

Ho comprato un chilo di tortellini freschi da Atti, e un barattolo di friggione, tutto da portare a casa e mangiare in famiglia.

Ho passeggiato sotto i portici, guardando le botteghe, le trattorie, i negozi, le persone in bicicletta, l’università, i musicisti di strada. Mi sono ricordata perché Bologna è la sola città italiana in cui potrei stare tanti giorni senza innervosirmi.

Ho fatto un pranzo veloce con i ravioli cinesi della ravioleria Quadrilatero.

Mi sono fermata da Eataly lungo l’autostrada e ho comprato il primo panettone, e anche i krumiri, la polenta taragna e le pastiglie Leone alla violetta.

Ho camminato per diversi chilometri.

Ho fatto tutte queste cose con il seno destro e l’ascella doloranti, i tubi del drenaggio conficcati nel fianco e custoditi in una sacca di tela, gli antidolorifici in borsa e il brufen nello stomaco, le occhiaie lunghe fino al mento e un paio di madonne sempre pronte sulle labbra.

Ieri sera era Halloween; le strade di Bologna pullulavano di bambini, giovani e adulti mascherati da zombie, scheletri, personaggi mostruosi. Io mi muovevo in mezzo a loro con agio e senza sfigurare, morta vivente, fierissima soprattutto dei miei orrendi “frustoletti”: i coaguli di sangue ben visibili nei tubi del drenaggio.