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Ho un problema con le date: ne ricordo troppe.

Tendo a memorizzare quelle importanti per me, quelle importanti per persone a cui tengo, e (un po’ meno) quelle importanti per la Storia. Così, una stanza del mio cervello è sempre abitata da una lunga serie di numeri – giorno, mese, anno, – che, nella maggior parte dei casi, non mi servono.

Oltre agli anniversari belli, ricordo anche quelli brutti. No: soprattutto quelli brutti.

In parte, dev’essere colpa di una voluminosa agenda creativa giornaliera in cui ho l’abitudine di annotare cose che mi succedono e fare scrapbooking.

Mi basta aprire e sfogliare quella dell’anno scorso, per esempio, per avere conferma che sì, il 20 febbraio 2023 ho ricevuto la prima diagnosi di cancro al seno, il 17 aprile ho iniziato la chemioterapia neoadiuvante, il 20 settembre l’ho finita, il 24 ottobre ho subito la mastectomia, e così via.

Ma anche: incontri, scontri, litigi, messaggi, cene, gite, viaggi. Il mio cervello – lui, non io – registra anche senza l’ausilio di note e appunti, e grazie a lui io so dirti con precisione documentaristica quand’è che abbiamo mangiato carne di struzzo insieme o in quale giorno mi hai spezzato il cuore.

Si può chiamarla mania, fissazione, bizzarro rituale, oppure possiamo chiamarlo DOC, disturbo ossessivo-compulsivo. Non saprei, bisognerebbe chiedere un parere che non ho ancora chiesto (ricordarsi di parlarne in psicoterapia).

Secondo me, comunque, è anche colpa degli esami di storia ed epigrafia romana all’università con il Prof. Russi: a distanza di una ventina d’anni, ricordo ancora a memoria porzioni di elenco cronologico degli imperatori di Roma dal Principato fino a Romolo Augustolo, ultimo imperatore d’Occidente (475 – 476 d.C.). Fu un periodo cupissimo della mia formazione umanistica. Deve aver lasciato traccia, pure quello.

Dov’ero e cosa facevo quando

Il 20 marzo di un anno fa, piangevo perché avevo ricevuto un messaggio offensivo, molto crudo e umiliante, da parte di una persona cara che io, senza esserne del tutto consapevole, avevo ferito. È comunque poco significativo il fatto che piangessi: l’anno scorso ho pianto – giuro, – quasi ogni giorno.

Ero già in una condizione di fragilità, per via della malattia che stavo scoprendo di avere. Da pochi giorni (16 marzo), al San Raffaele di Milano, mi ero sottoposta a una straziante biopsia al seno che mi aveva scioccato (foto del seno sanguinante stampata e incollata sull’agenda insieme ad alcune scartoffie dell’ospedale).

Una settimana dopo, col seno ancora tumefatto, sarei partita in macchina con mio marito e due amici per una maratona di tango in Francia, a Carry-Le-Rouet, vicino Marsiglia (foto, scontrini, biglietti da visita di negozi). Lì, mezzo piangendo, avrei fatto passeggiate mattutine in spiaggia lungo la Calanque des Eaux Salées (foto, strappi di brochure turistiche); avrei mangiato diversi etti di formaggi francesi (annotazione dei loro nomi) senza sapere che il mio corpo stava sviluppando un’intolleranza ai latticini; avrei conosciuto e scambiato due parole di cortesia con Oscar, un ballerino londinese che aveva perso la moglie per un cancro al seno, e con lui – un estraneo – mi sarebbero scappate lacrime sonore e libere (citazione: “Ho sempre confidato nella gentilezza degli sconosciuti”).

Ha senso, tutto questo inventario dei giorni andati?

No. Però è un’abitudine e, qualche volta, torna utile. È come dire: Ho le prove. Prove, intendo, di un pezzo di vita vissuta. Forse ho paura di non accorgermene, che sulla Terra ci sono passata e non me la sono cavata troppo male; qualcosa ho fatto, visto, sentito, sperimentato. Non so.

Probabilmente, e questo lo avverto solo oggi, l’anno scorso ho iniziato il progetto PinkInk Series – comprese le storie delle donne-albero – con lo stesso approccio: documentare, ricordare e, solo in un momento successivo, narrare per altri. Ma anche: demitizzare.

Mitologia popolare dei fatti spiacevoli

A proposito della mitologia del cancro, verso la fine degli anni ’70, Susan Sontag ha scritto una cosa che, per moltissime persone, resta utile ancora oggi:

“Finché una malattia sarà considerata un predatore malvagio e invincibile, e non una semplice malattia, chi è affetto da un cancro sarà quasi sempre sconfortato nello scoprire di quale male soffre. La soluzione, tuttavia, non sta certo nello smettere di dire la verità ai pazienti, bensì nel rettificare la concezione della malattia, demitizzandola.”

Susan Sontag, Malattia come metafora. Il cancro e la sua mitologia, Einaudi 1979

Il cancro, scriveva Sontag allora (e mi pare ancora attuale), è considerato per convenzione la risposta del corpo a un’emozione repressa, a una passione che viene bloccata o negata. Quasi quasi è colpa tua, se t’è venuto il cancro. Molto letterario come tema, bello, l’ho trovato in tanti romanzi che ho letto e si trova oggi in tante convinzioni. Però è una cazzata.

Credo che annotare, fissare e raccontare aiuti sia i malati che – soprattutto – i sani a demitizzare il cancro, che ancora oggi è oggetto di metafore e narrazioni spaventose (“il bastardo”, “il nemico invisibile”, “il brutto male”). Demitizziamo allora anche i pazienti oncologici: non “guerrieri” – che noia queste metafore belliche! – ma persone che si sono beccate un cancro come altre si sono beccate, che so, patologie cardiache. A volte sono malattie curabili, altre volte no.

Desensibilizzare i ricordi (funziona meglio col bonus psicologo)

Alla stessa maniera, penso, tendo a osservare, raccogliere e registrare dati (e date, sì) sugli eventi spiacevoli che mi capitano in generale, per privarli di carica, neutralizzarli, depotenziarli, deporli altrove, trasferirli e destituirli. Un po’ come si fa con le Morning Pages per ripulire le idee e recuperare la creatività.

Infatti, per esempio, grazie all’attività di scrittura – non solo qui nel blog – oggi mi sembra di aver desensibilizzato il ricordo del mio 20 marzo dell’anno scorso. Non fa più male. Certo, nel frattempo ci sono voluti pure un bravissimo psicoterapeuta EMDR, uno psicologo oncologico e una psicologa umanistico-integrata. A proposito di questo, vorrei ricordare a tutte le creature bisognose che dall’altro ieri è possibile fare domanda per il bonus psicologo 2024.

Ci si va anche per molto, molto meno di un cancro.