26. ultimo taxolo

Giorno 158

Ultima chemioterapia

16 cicli in tutto, da aprile a settembre: 4 bisettimanali di EC in regime “dose-dense” e 12 settimanali di taxolo.

Stamattina ho portato una delle crostate di mia madre, quelle per le “infermiere gentili“. Mia madre conosce tante persone gentili. Anche io, ma devo ancora imparare a prestare attenzione soltanto a quelle.

Avrei voluto portare pure una bottiglia di prosecco per un minuscolo brindisi leggero leggero, per festeggiare con le infermiere gentili la mia ultima chemio, poi ho pensato che in un ospedale, in un reparto di oncologia, magari no (?). Peccato. Secondo me, un goccio a testa se lo sarebbero bevuto, quatte quatte, a qualsiasi ora. Devono averne più bisogno di me.

Oggi saluto L. e S.

L. è fra le poche pazienti del reparto che ha scelto di usufruire del DigniCap, il casco refrigerante che contrasta la caduta dei capelli. Ma lei, i suoi capelli, ha iniziato a perderli lo stesso e si è comprata la parrucca.

Verso le 11, col casco in testa e la faccia bianca, L. vomita la sua terapia. Io sto mangiando di gusto grossi dadi dell’ultimo cocomero di stagione nella mia bentō box, e non me ne accorgo.
Qualcuno che conosco potrebbe dire che manco completamente di empatia, invece, almeno in questo caso, manco soltanto di consapevolezza a destra: mangio fissando la parete davanti a me, mentre L. alla mia destra vomita in silenzio e con riserbo; quando suona il suo campanello per chiamare le infermiere, ha già avvolto e chiuso, pudica, la traversina assorbente che teneva sulle ginocchia.
Le infermiere gentili interrompono subito l’infusione e lei si preoccupa di doverla ricominciare da capo, invece no: è solo una pausa. Le chiedo se la vista di me che mangio il cocomero la disturbi in qualche modo e dichiaro che posso finirlo più tardi, ma L. mi ringrazia per la mia empatia e mi dice di non preoccuparmi, tanto le è sufficiente un sorso d’acqua per vomitare la chemio.

Ieri mattina, ai prelievi di routine, un’altra paziente, un donnone con un accento dell’Est Europa che non sono riuscita a indentificare meglio, era assai in pena perché lei non aveva alcun effetto collaterale da chemio.
«Io non sto male! – si lamentava con le infermiere gentili – Se non sto male, significa che la chemio non sta funzionando?». «Ma no, tesoro! – la tranquillizzavano loro come si tranquillizza una bambina – significa solo che sei molto fortunata!». «Sì, però, se non ho effetti brutti allora non ho nemmeno effetti belli!». Era inconsolabile.
«Non funziona così! – sono sbottate loro alla fine, sempre bonarie – Non hai visto l’ecografia? La chemio fa quello che deve fare, se tu non hai effetti collaterali devi solo ringraziare la madonna!».
Lei se n’è tornata a casa poco convinta e molto avvilita.

Amuleti di oggi, tre

1. La coperta di lana vergine 100% ricevuta in regalo da Alessandra

Calda, rassicurante, pizzica “come le lane di una volta, – mi scrive nella lettera di accompagnamento, – quando le coccole non erano così di moda, quando si aveva un po’ più di tempo per le cose importanti“. Me l’ha spedita già lavata, e umanizzata con un generoso spruzzo del suo profumo dalle note tutte floreali, e una di fondo dolce e legnosa, che avvolge e calma come l’abbraccio di una madre. Che questo odore possa restare a lungo, a lungo, a lungo. Alessandra, da persona sensibile che è, ha colto forse il mio ritorno agli oggetti transizionali dell’infanzia. Grazie.

2. Una canzone di Cristina Donà

Me l’ha inviata stamattina mia cognata Viviana. Si chiama Il senso delle cose.

Un paio di settimane fa, anche Martina mi aveva mandato una canzone di Cristina Donà, Universo.

Le canzoni di Cristina Donà aiutano a sopportare la chemio, e un po’ anche la vita.

3. Un libro

La raccolta di poesie Datura di Patrizia Cavalli (Einaudi, 2013). La mia preferita, che ormai da una decina d’anni mi ritrovo a rileggere a ogni ciclo di vita, è proprio “Datura”.

Ecco i versi finali, che per me sono importanti:

Ma io non voglio andarmene così,
lasciando tutto come ho trovato
in questa scialba geografia che assegna
l’effetto alla sua causa e tutti e due consegna
all’umile solerzia dell’interpretazione.
Un altro è il mio progetto, la mia ambizione
è accogliere la lingua che mi è data
e, oltre il dolore muto, oltre il loquace
suo significato, giocare alle parole
immaginando, senza un’identità,
una visione. Come di fronte a un fiore
di datura, a quel suo giallo
non propriamente giallo, crema piuttosto,
la stessa crema che ha la pesca bianca,
con brividi di verde trasparente,
ma delicati, piccoli,
il modo di morire al terzo giorno
o meglio, di seccarsi plissettandosi,
pelle di daino, straccetto, guanto,
ala di pipistrello acciaccato, riccioli, rostri,
questa bellezza propriamente sua,
che tutto ciò in se stesso non ci pensi
neppure alla lontana a poter essere
una soltanto di tutte queste cose
che dipenda da me la sua apparenza,
che ne sia io la sola responsabile,
questa è la gioia fiera del mio compito,
qui è il mio valore. Io valgo più del fiore.

Ringraziamenti

Ringrazio la dott.ssa Francesca Chiara Giorgi, primario di Oncologia dell’Area Vasta 5, che comprende l’Ospedale Madonna del Soccorso di San Benedetto del Tronto e l’Ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno.

L’ho conosciuta di persona lo scorso 7 aprile, al primo colloquio. Caschetto biondo, minuta, mani nodose e pratiche, eloquio accelerato, tutta nervi e segni di stress. Inforcava e toglieva gli occhiali in continuazione, si strofinava gli occhi e la fronte, sparpagliava carte e cartelle sulla scrivania carica, rispondeva con rapida e studiata cortesia agli auguri di Pasqua che le infermiere (sempre gentili) venivano a farle in processione affacciandosi sulla soglia del suo studio. Quel giorno, il 7 aprile, si scusò subito con me per la poca lucidità mentale e la scarsa attenzione al mio stato d’animo: era lì da dalle sette del mattino e non aveva ancora mangiato. Il nostro colloquio avveniva alle tre del pomeriggio.

In questi mesi di terapie, – io sfibrata dai farmaci, lei dal troppo lavoro – ha sempre trovato un secondo per fermare lo sguardo sul mio viso al momento giusto, e sorridermi. Sorriso fermo, caldo e sincero.
Per le urgenze, in questi mesi ho potuto scriverle su WhatsApp a qualsiasi ora e in qualsiasi giorno, anche di ferie e permessi: anche il giorno della laurea di suo figlio, di cui non sapevo. Mi ha risposto pure in quella occasione.

Oggi ha accolto la mia richiesta di scattarsi una foto con me per celebrare la fine della chemioterapia. Grazie, anche per questo. Ci vediamo fra un paio di settimane, alla visita di controllo prima dell’intervento.

È ora di ringraziare anche le infermiere gentili che si sono prese cura di me: Anthea, Antonella, Ilaria, Loredana, Marqueta, Roberta, e le altre di cui non sono riuscita a imparare i nomi. Vi mando la ricetta della sbriciolona di mia mamma, come ho promesso.

L’autunno sta per iniziare.
Per dire il resto, mi attardo ancora sulle parole di Patrizia Cavalli in “Datura”:

Ora si passa dall’ira alla pietà –
ciò che era morto nel cuore e nel giudizio
riaverlo vivo con più vivida realtà;
disprezzo fermo e chiusa antipatia
eccoli in pochi istanti trasformati
in una intraprendente nostalgia.
Ma nostalgia di che?
Soltanto nostalgia che gira e si rigira
dentro il suo molto affaccendato niente.


“Di Salvatore Annalisa, nata 02/09/1981, Kg 57, H 1.65, Mq 1.62.
In data 20/09/2023 esegue 12° taxolo settimanale:
Sol. fisiologica 100 ml + Pantorc 1 fl in 20′ – Sol. fisiologica 100 ml + DECADRON 8 mg in 15′ – Sol. fisiologica 100 ml + TRIMETON 10 mg (1 fiala) in 15′ – Sol. fisiologica 100 cc + Ondansetron 1 fiala in 20′ – TAXOLO 120 mg (80 mg/mq approssimato) in 250 ml sol. fisiologica (durata infusione: 1 ora) da utilizzare con l’apposito set di infusione (non impiegare materiali in PVC: agocannule, connettori). Un infermiere deve essere sempre presente e il medico nelle immediate vicinanze”.

Questo è l’ultimo numero della prima serie di PinkInk, che naturalmente continua.

Una nota sulla spilla rosa

La dott.ssa Giorgi porta sempre sul camice la spilla rosa dell’AIRC che si intravede nella foto.
L’ho cercata a lungo in questi mesi, non l’ho trovata. Al momento non è disponibile, ma penso e mi auguro torni in circolazione il prossimo mese, quindi fra poco, perché ottobre è il mese internazionale della prevenzione del tumore al seno, e mese della Campagna Nastro Rosa.

La spilla dell’AIRC è ben riconoscibile e difficilmente imitabile, anche perché ha una forma speciale: un nastro incompleto. La parte di colore mancante vuole rappresentare le donne che, ancora oggi, non sopravvivono a una diagnosi di tumore al seno.

Acquistando la spilla, con una donazione minima di 2 euro, si contribuisce a sostenere la ricerca sul cancro al seno e a educare le donne all’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori della mammella.

Fatevela, ‘sta cazzo di mammografia.