25. giobbe joseph roth

Giorno 157

Domani, mercoledì 20 settembre 2023, sarà il mio ultimo giorno di chemioterapia.
L’ho iniziata il 17 aprile: era primavera, avevo avuto una Pasqua infelice e sentivo più freddo del solito.
16 cicli di chemio e, in mezzo, una serie di piccoli madornali deliri del quotidiano.

Quanto grande è la forza che ci vuole a stare al mondo nel tempo dell’assedio, colpiti da più lati, – al petto, ai fianchi, allo stomaco, alla schiena; – una sassaiola di botte in punti diversi del nostro sentire e del quotidiano: la paura, l’amore, la rabbia, la tristezza, la delusione, la perdita.

Quanto grande è?

Stasera penso a Giobbe, quello di Joseph Roth

È un romanzo che ho letto e amato parecchi anni fa. È stato pubblicato nel 1930, il titolo esatto è Giobbe. Romanzo di un uomo semplice (traduzione di Laura Terreni, Adelphi, 1977). Non ho nessuna voglia di raccontarvelo, sul sito della casa editrice c’è la scheda del libro.

È una storia tremendamente dolorosa, ma da leggere, o rileggere, se si ha bisogno di una lettura facile, di un lieto fine, e di sentire per un momento solo il «peso della felicità e della grandezza dei miracoli». Però, attenzione: c’è da credere ai miracoli e alla grazia divina, il che può essere un problema per molti – per me di sicuro.

Sul principio dell’autunno, gonfia di cortisone e brutta di cupezza, mi scopro stanca sul serio e – la cosa peggiore di tutte – priva di fiducia verso le parole.

Per questo vado nei boschi. Gli alberi parlano meglio.