22. come pollon

Giorno 137

Seconda serie di chemioterapia, nono ciclo di taxolo.

Oggi, in un’altra città, la mia amica Mara, veterana di chemioterapie, si fa una ricca infusione anche lei, attraversa una paura e manda avanti la sua storia.
Oggi, mentre mi entra in vena il taxolo, penso più a questo che a me.

Berremo insieme, amica bella con la pelle di porcellana, gli occhi da gatto, e la voce arrochita dalla preoccupazione. Berremo insieme non appena i gastroprotettori ci avranno rimesso in circolazione anche questa settimana.

Amuleti di oggi, tanti, piccoli e sparsi

1. La t-shirt di Pollon combinaguai

L’avevo comprato qualche mese fa, poco prima di iniziare la chemio. Ricordo di averla indossata per la prima volta il giorno in cui sono andata in ospedale a fare la visita cardiologica e i relativi esami di routine richiesti dall’oncologa [“Sarà in grado, questo cuore, di reggere la chemio?”. Sì, la chemio pare di sì. Altro, non so].

Nemmeno il cielo sa quanti e quali guai sono in grado di combinare io, se mi trovo in una situazione per me nuova e gigantesca, madornale, nella quale non so chi sono e perdo la mia piccola quieta strada. Di solito, li combino mentre cerco di aggiustare qualcosa.

Da bambina amavo molto la serie tv anime arrivata in Italia agli inizi degli anni ’80. Mi era simpatico il personaggio di Pollon, mi piacevano i colori e adoravo la sigla. Oggi è solo un personaggio stampato su una maglietta rosa che mi ricorda l’infanzia dalla quale probabilmente non sono mai uscita.

2. Le due piccole bentō boxes e il set di posate da viaggio comprati da Miniso

Preparare il cibo da portare fuori casa, per sé o per qualcuno, è un atto d’amore. Stamattina ci ho messo dentro soltanto frutta tagliata a pezzi: una pesca percoca, un piccolo mango, una susina nera, una pera Nashi, un po’ di cocomero, un po’ di uva bianca. Vorrei usare questi bentō tante altre volte in futuro, per momenti felici e condivisi.

3. Un libro che mi ha regalato mio fratello Alessandro

Marco Balzano, Café Royal (Einaudi, 2023). L’ho appena iniziato, non saprei dirne granché per ora, ma già la prima pagina mi ha fatto sorridere e pensare che questo, un libretto di 120 pagine, è quel tipo di storia che avrei letto in un paio di ore, in passato, quando riuscivo a concentrarmi nella lettura e sapevo come andarmene in un posto lontano e inaccessibile al mio reale.

Ecco un estratto, che ho ritagliato alla fine di un dialogo vivace e catastrofico fra marito e moglie. Dice lui:

«Questa è mia moglie Stefania, cinquant’anni domani. Arrivassimo adesso all’altare, alla domanda del prete risponderei con un tono formale: No, grazie. E uscirei dalla navata principale a testa alta».

C’è ironia amara e brillante, c’è estro, c’è ritmo, c’è una voce riconoscibile subito. C’è buona scrittura, ma questo lo si può cogliere leggendo un po’ di più. E poi la copertina è bellissima.

4. Alcuni pezzi provenienti dalla scatola rosa della felicità

Regalo da Chiara. Ne ho parlato qualche giorno fa in un post Facebook in cui ho condiviso il reel di Cartolibri.it, la cartoleria che ha preparato la scatola con cura rarissima – ogni singolo articolo era confezionato con una carta velina nella quale ancora adesso io annuso un profumo.
Oggi ho con me il Pastel Collection Set, l’astuccio-gatto con dentro le penne-gatto e gli evidenziatori Flowers. Oggi scrivo come viene, disegno, sottolineo, e un po’ coloro. Sempre come viene.

5. The Resilience Journal

Questo è un regalo della mia amica Sara arrivato circa un mese fa.

È un diario inconsueto. 365 esercizi per 365 giorni, ogni giorno un piccolo compito: scrivere una paginetta su una traccia data. Per esempio: “Day 1. Recount a time when you overcame a significant challenge. What did you learn from this experience?“.

L’ho iniziato il 31 luglio, che era un giorno di sfida significativa. Sarebbe stato un giorno soltanto doloroso, se non fossi stata sveglia da oltre 24 ore. Invece è stato un giorno doloroso, e folle. E non ho imparato proprio niente.


Mi mancano 3 cicli di taxolo, poi tanti esami per “tirare le somme” (si dice così), poi l’intervento, che al contrario sarà una sottrazione di qualcosa che mi appartiene. E verrà l’autunno, che col tempo è diventato la stagione che amo. Non quest’anno, credo.

Per il resto, che c’è da queste parti? Lo sconforto e lo sfinimento. Per questo motivo, immagino, questo post delle PinkInk Series è meno curato di altri.

Di peculiare, forse, c’è uno scampolo di dialogo con una paziente di fronte a me, oggi, durante la chemio. Si parlava del port che le hanno impiantato per la somministrazione delle terapie. Il Port-a-Cath è un dispositivo impiantato sottocute, all’altezza del petto, per l’accesso venoso centrale a lungo termine, ed è un sistema un po’ più elaborato del mio ex picc.
Le chiedevo se ci fossero attività che non può più svolgere da quando ha il port, per esempio sollevare pesi. Mi ha risposto: «No, posso fare tutto. Tutto tranne sparare con fucile e pistola. Sai, per via del contraccolpo».