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Venerdì 17 maggio 2024: ultimo giorno di terapie

3 compresse di capecitabina 500 mg + 1 di capecitabina 150 mg, 1 capsula molle di folina 5 mg, 1 pillola di multivitamici e sali minerali. Mandate giù tutte insieme, agile e veloce come una campionessa consumata, con un mezzo bicchiere d’acqua. Bevi più acqua, mi dicono, bevi più acqua, aiuta a smaltire il veleno che ti prendi.

Il veleno, quello è più di un anno che me lo prendo, prima in vena e poi in bocca (insieme a un altro tipo di veleno, quello di certe giornate che ci prendiamo un po’ tutti). Ci vorrà tempo, per smaltirlo. Più vita. E più acqua, sì.

La fine della chemio

È anche il titolo di una canzone dei Sick Tamburo.

Pubblicata nell’album Un giorno nuovo, è stata scritta nel 2018 da Gian Maria Accusani per Elisabetta Imelio, la bassista fondatrice dei Prozac+ (1998: io facevo il liceo classico, occupavo senza capire bene cosa e perché, in tanti cantavamo insieme a Eva Poles “Mi sento scossa, agitata ah, agitata ah, un po’ nervosa ah, uoh uoh…”). Elisabetta è morta nel 2020 di cancro al seno. Era una donna-albero.

Della canzone esistono varie versioni, credo che questa sia quella originale, parte del progetto Back to the Roots (lo dico perché mi piace il nome del progetto).

“Festeggeremo la fine della chemio”

Festeggerò domani, che è sabato. Vado prima a leggere un po’ di libri come lettrice volontaria di LaAV (Letture ad Alta Voce) a un evento di trekking letterario.

Poi alzerò in alto un calice, penso due. La mia oncologa mi ha sempre detto di bere poco, pochissimo, sarebbe meglio niente. Provateci voi a sopportare un anno di ospedali, senza il sostegno dell’alcol. Cin cin.

“Tante cose cambieranno”

Tantissime. Me lo aveva detto Mara, la mia amica veterana di chemioterapie, all’inizio delle mie cure. Mi aveva detto: «Cambierai. Cambierai molto». Non intendeva solo nell’aspetto.

Cambiano le prospettive al mondo (“Voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili, codici di geometria esistenziale“. Questo lo cantava Battiato).

Può succedere che cambino anche le cose fuori: abitazioni, lavori, amici, amori, hobby. Si chiama azzeramento.

“I tuoi capelli lunghi, quelli cresceranno di un colore che è un incanto”

Sì, ma ci vuole un sacco di tempo e non tutte le donne ce l’hanno, questo tempo.

In quanto al colore, ad alcune donne ricrescono bianchi, grigi, argento, rossi. A me sono ricresciuti castano scuro, e un po’ ricci.

Ogni tanto vado dal parrucchiere e piango con riserbo e compostezza. Gli dico: «Ti prego, Renato, fai qualcosa, aiutami» e Renato mi guarda sconsolato, perché non è che si possano fare miracoli su un taglio corto, di capelli ricresciuti da sei, sette mesi dopo una chemioterapia endovenosa (da aprile a settembre 2023). Ti dò una spuntata, mi dice lui. Te li sfoltisco un po’. Ti coloro le punte con un tocco di mogano, per dare luce. E diamo luce.

“E si potrà capire quello che è importante”

Non tutto, ma qualcosa. Qualcosa è molto.

“Ricostruiranno tutto, ormai si fa anche quello”

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Quando ho mandato questa foto a Barbara, nuda e cruda e senza sfocature né coperture floreali, le ho scritto: «A quando un nuovo shooting sul “Dopo”? Una nuova estetica dell’orrore». Barbara è Barbara Di Cretico, la fotografa con cui e grazie alla quale ho potuto realizzare una parte del Kintsugi Project prima dell’intervento di mastectomia. La settimana prossima, se c’è sole, faremo il “Dopo”. Materiale nuovo, ce n’è.

Quando le ho mandato la foto era febbraio, avevo ancora alla base del collo i segni di ustione procurati dalla radioterapia, ora non ci sono più. Per il nuovo progetto fotografico con Barbara, li riprodurremo con un po’ di trucco: perché ogni dettaglio corporeo dica il vero.

Ricostruiscono tutto, sì. Non si può dire che sia tutto uguale a prima, ma questo lo si nota solo in camera da letto.

“Finché il sole si alza, non si muore”

È una frase difficile da capire, per chi non s’interessa di guardare il sole quando si alza.

La mia amica Mara, veterana di chemioterapie, non potrà mai festeggiarne la fine, perché la sua terapia è permanente: durerà finché dura lei. Oggi mi sento in colpa, perché io invece ho finito. La lascio sola. Non ci manderemo più messaggi alle tre del mattino, quando non si dorme per qualche malessere causato dai farmaci, o per il cortisone che toglie il sonno. Perché Mara, amica mia bella, io la notte voglio dormire, perdonami. Mi perdoni, lo so.

Penso a tutte le persone in terapia che ho conosciuto nel corso dell’ultimo anno, a G. che si è fatta fare una protesi per i capelli (una protesi, non una parrucca) e a P., punkabbestia di settant’anni che si nutre solo di cioccolato e formaggio perché il resto lo vomita.

Finché il sole si alza, non si muore.